
Vi
giungemmo con la nostra carrozza meccanica, e ivi giunti quasi ci meravigliammo
di non trovarvi cadaveri o sangue, ma una normale porta chiusa. Ozzy pose
subito rimedio alla mancanza, assestando una vigorosa percossa col suo liuto
elettronico sul capo del gendarme privato che, sulla soglia della villa, ci
interrogava sui motivi della nostra venuta.
A
dire il vero, prima di vibrare il colpo funesto Ozzy si era già attirato
l'attenzione dei passanti sperimentando come l'urinare in piedi sia
difficoltoso per chi non disponga (dato il corpo femmineo di cui si era
impadronito) di un confacente apparato, e forse proprio le conseguenze sugli
abiti di tale tentativo avevano rese vane i tentativi di adescamento del
gendarme privato immediatamente precedenti alla sua aggressione. Il Curte,
intanto, ascoltava la sospensione dall'incarico da pubblico ufficiale rivolta
al suo corpo per diserzione.
In
un modo o nell'altro, comunque, entrammo nella magione, che era principesca per
dimensioni e lusso, ed attorniata da un vasto giardino alla moda del Cipango.
La verzura era così spessa che fra le sue frasche si nascondevano agevolmente i
sei guerrieri, armati di spade e fasciati di nero insino agli occhi, che ci
aggredirono d'improvviso. Il numero dei cadaveri nel giardino salì
repentinamente a sette.
Credo
che ad un certo punto i miei compagni siano rimasti disorientati dalla mia
sparizione. Fui infatti attratto dalla mia sensibilità in un locus amoenus
riparato nel giardino, dove mi accolse un arzillo vecchietto, dai tipici tratti
somatici del Cipango, che era intento a dar la cera e togliere la cera da un tavolo.
Mi invitò a prendere un té con lui, si presentò come Miaghi e affermò che,
malato, sarebbe stato onorato di offrire il suo corpo ad un nobile spirito e ad
una giusta causa. Sapeva di noi. Accettai l'offerta, e subito mi trovai
tonificato: quanta forza, quanto animo in quelle ossa! Quanto maggiori di
quanto ne avevo trovato nel mio primo albergo di questa era!
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