Dopo
aver liberato il mondo e gli umani della funesta presenza di Top Dollar,
seguendo le indicazioni del signor Wolf ci inoltrammo nuovamente nel luogo meno
profumato della città, ossia le sue fogne. Era l'unico modo di giungere al
palazzo di Lo Pen senza dover sterminare i suoi gendarmi.
Come
ci era stato preannunciato, dovemmo attraversare un ponte dalla chiara natura
magica: gargoyle minacciosi lo adornavano completamente, e un debole incanto
conferiva loro un'apparenza di vita; nella roccia, subito sopra, era scolpito
con michelangiolesca vivezza un enorme demone, che probabilmente si sarebbe
animato se non avessimo avuto il talismano “prestatoci” da Top Dollar, e ora
nelle salde mani di Alessandro.
Invece,
procedemmo senza problemi sino ad arrivare ad una comoda scatola ascendente
che, indovinammo, ci avrebbe portato alle stanze del palazzo. Pigiammo un
bottone e iniziammo la salita, che però si interruppe improvvisamente quando
due mani dotate di artigli aprirono a forza le porte scorrevoli.
Eravamo
già pronti alla pugna, ma la figura che comparve subito ci dispose ad un altro
tipo di tenzone: era Mao Jjn, la figlia di Lo Pen, demonessa e forse la
creatura più eroticamente attraente, anche per la sua sfacciata sensualità, che
mai avesse calcato il suolo terrestre dopo Elena di Troia. Credo che, se si
fosse presentata alla corte di Carlo Magno quando Angelica vi giunse, pochi
paladini avrebbero perso la testa per la principessa del Catai!
Ad
ogni modo, Mao Jjn andò diritta al punto che le stava a cuore: ci rivelò che i
nostri movimenti (il rogo della più grande discoteca cittadina, lo sterminio
dei vampiri, la scia di cadaveri...) non erano passati inosservati agli attenti
occhi della Yakuza demoniaca. Lei stessa (come del resto ci era stato
annunciato) si disse disposta ad aiutarci a uccidere il padre, certa così di
succedergli al potere. In fondo, eravamo lì a quello scopo, confidando per di
più che la morte del capo avrebbe fiaccato le forze demoniache in una guerra
interna, ma sul momento temporeggiammo, sinché Rocco dichiarò la sua regola:
“Non uccidere mai un padre senza prima aver trombato la figlia”.
Dopo
una breve contrattazione, trovammo modo di sugellare il patto con Mao Jjn, e
tutti (salvo il Curte) volemmo apporre la nostra firma, anche se l'attività ci
estenuò più della battaglia coi vampiri.
Al
termine della contrattazione, Mao Jjn ci fornì una bottiglietta d'acqua,
assicurandoci che, se l'avessimo aspersa sul corpo di suo padre, questi sarebbe
rimasto indebolito. Quindi, ci congedò e ci riportò alla scatola ascendente,
che si aprì infine proprio nella grande sala di Lo Pen.
Nemmeno
al malvagio Lo Pen era sfuggita la nostra presenza in città, e ci aspettava.
Dapprima provò pateticamente a corromperci con donne e denari, come se ciò
potesse interessare degli spiriti o indurci a violare un patto così
intensamente sugellato. Solo Rocco, ad udire il termine “donne”, dichiarò di
volersi schierare al suo fianco, e gli corse vicino. Ma era solo un inganno!
Non appena lo raggiunse, rivelò di aver fra le mani la boccetta d'acqua
incantata, e lo rovesciò sul capo del demone. Questi ruggì di dolore, e lo
incenerì con una fiammata, mentre noi tutti lo attaccammo furiosamente.
Alessandro manovrava la spada con perizia incredibile, ed anche io, da
intellettuale, combattevo al mio meglio. Lo Pen evocò un muro infuocato per
dividerci da Ozzy e dal Curte, che si erano attardati, ma pochi istanti dopo si
rese conto che quelle fiamme non potevano trattenere il grande Curtozzy!
In
breve, e nonostante le sue difese magiche, Lo Pen dovette soccombere.
Un
demone in meno, ed uno dei più potenti, minacciava la nostra terra.