martedì 25 giugno 2013

La fine di Lo Pen



Dopo aver liberato il mondo e gli umani della funesta presenza di Top Dollar, seguendo le indicazioni del signor Wolf ci inoltrammo nuovamente nel luogo meno profumato della città, ossia le sue fogne. Era l'unico modo di giungere al palazzo di Lo Pen senza dover sterminare i suoi gendarmi.
Come ci era stato preannunciato, dovemmo attraversare un ponte dalla chiara natura magica: gargoyle minacciosi lo adornavano completamente, e un debole incanto conferiva loro un'apparenza di vita; nella roccia, subito sopra, era scolpito con michelangiolesca vivezza un enorme demone, che probabilmente si sarebbe animato se non avessimo avuto il talismano “prestatoci” da Top Dollar, e ora nelle salde mani di Alessandro.
Invece, procedemmo senza problemi sino ad arrivare ad una comoda scatola ascendente che, indovinammo, ci avrebbe portato alle stanze del palazzo. Pigiammo un bottone e iniziammo la salita, che però si interruppe improvvisamente quando due mani dotate di artigli aprirono a forza le porte scorrevoli.
  Eravamo già pronti alla pugna, ma la figura che comparve subito ci dispose ad un altro tipo di tenzone: era Mao Jjn, la figlia di Lo Pen, demonessa e forse la creatura più eroticamente attraente, anche per la sua sfacciata sensualità, che mai avesse calcato il suolo terrestre dopo Elena di Troia. Credo che, se si fosse presentata alla corte di Carlo Magno quando Angelica vi giunse, pochi paladini avrebbero perso la testa per la principessa del Catai!
Ad ogni modo, Mao Jjn andò diritta al punto che le stava a cuore: ci rivelò che i nostri movimenti (il rogo della più grande discoteca cittadina, lo sterminio dei vampiri, la scia di cadaveri...) non erano passati inosservati agli attenti occhi della Yakuza demoniaca. Lei stessa (come del resto ci era stato annunciato) si disse disposta ad aiutarci a uccidere il padre, certa così di succedergli al potere. In fondo, eravamo lì a quello scopo, confidando per di più che la morte del capo avrebbe fiaccato le forze demoniache in una guerra interna, ma sul momento temporeggiammo, sinché Rocco dichiarò la sua regola: “Non uccidere mai un padre senza prima aver trombato la figlia”.
Dopo una breve contrattazione, trovammo modo di sugellare il patto con Mao Jjn, e tutti (salvo il Curte) volemmo apporre la nostra firma, anche se l'attività ci estenuò più della battaglia coi vampiri.
Al termine della contrattazione, Mao Jjn ci fornì una bottiglietta d'acqua, assicurandoci che, se l'avessimo aspersa sul corpo di suo padre, questi sarebbe rimasto indebolito. Quindi, ci congedò e ci riportò alla scatola ascendente, che si aprì infine proprio nella grande sala di Lo Pen.

Nemmeno al malvagio Lo Pen era sfuggita la nostra presenza in città, e ci aspettava. Dapprima provò pateticamente a corromperci con donne e denari, come se ciò potesse interessare degli spiriti o indurci a violare un patto così intensamente sugellato. Solo Rocco, ad udire il termine “donne”, dichiarò di volersi schierare al suo fianco, e gli corse vicino. Ma era solo un inganno! Non appena lo raggiunse, rivelò di aver fra le mani la boccetta d'acqua incantata, e lo rovesciò sul capo del demone. Questi ruggì di dolore, e lo incenerì con una fiammata, mentre noi tutti lo attaccammo furiosamente. Alessandro manovrava la spada con perizia incredibile, ed anche io, da intellettuale, combattevo al mio meglio. Lo Pen evocò un muro infuocato per dividerci da Ozzy e dal Curte, che si erano attardati, ma pochi istanti dopo si rese conto che quelle fiamme non potevano trattenere il grande Curtozzy!
In breve, e nonostante le sue difese magiche, Lo Pen dovette soccombere.
Un demone in meno, ed uno dei più potenti, minacciava la nostra terra.

sabato 15 giugno 2013

L'assalto alla discoteca



Disgraziatamente, Rocco conosceva la nostra meta e dirottò una grande carrozza pubblica su di essa, attirando peraltro l'attenzione di altri agenti, i quali però avevano espresso divieto di agire all'interno della discoteca e, quando seppero che il dirottatore vi era entrato, si allontanarono.
Mentre il Curte e Ozzy entrarono dall'ingresso principale (da sboroni quali sono, ndr), io, Alessandro e Rocco preferimmo accedere dal retro: azione che ci riuscì perché Rocco lanciò un incantesimo d'amore sulla guardia che custodiva tale porta. Appena dentro, lo lanciò anche su di una spogliarellista, sicché io e Alessandro dovemmo procedere da soli.
Giungemmo infine alla sala principale, in vista del privé nel quale – come sapevo avendo letto il pensiero della guardia – si trovava Top Dollar. Lo segnalai ad Ozzy e al Curte, ma non appena ci muovemmo alla volta della tana del vampiro, notammo che varie guardie agili in modo non umano davano mostra di volerci accerchiare.
Ozzy ruppe gli indugi, lanciò due Bombe di Luce nella sala e tutti corremmo verso il privé. Molti vampiri provarono a fermarci: li sterminammo, ma fecero così guadagnare tempo al loro signore. Quando entrammo nel privé, lo trovammo vuoto.
Prima che potessimo pensare al da farsi, ricevemmo una comunicazione via radio da Rocco: Top Dollar era passato davanti alla porta della stanza nella quale si era appartato con la spogliarellista. Lui aveva provato a fermarlo, ma era ridotto a mal partito.
Sfondando uno specchio, ci gettammo all'inseguimento, raggiungendolo appena in tempo. Top Dollar era un combattente forte, vigoroso, e dotato di magici anelli in grado di preservarlo più volte da colpi che si sarebbero rivelati mortali per chiunque. Quando oramai la situazione sembrava volgere al peggio, vidi il Curte e Ozzy recitare simultaneamente un incantesimo, li vidi fondersi in un unico corpo luminoso di energia, il leggendario CurtOzzy (creatura mitologica dell’epica classica, ndr), li vidi sferrare un colpo tremendo all'unisono contro il vampiro.
Top Dollar barcollò.
Rocco, rialzatosi, gli assestò il colpo di grazia con la sua mazza (magica).

mercoledì 12 giugno 2013

Il kebabbaro



Il sig. Wolf ci fornì il recapito di un negozio di armi antivampiro, che si trovava nel retrobottega di un venditore di Kebab. Entrammo senza badare a lui, perché non c'è da fidarsi del cibo dei saracini, da sempre avversi a noi credenti, e ci trovammo in un luogo pieno di ogni meraviglia argentata – solo l'argento, la luce e la magia possono agire contro i vampiri. Qui contrattammo l'acquisto di vario materiale, non ultimo alcune bombe luminose, ma quando, saldato il salatissimo conto con il lingotto d'oro, ci apprestammo ad uscire, scoprimmo che Rocco (che in effetti era entrato alcuni minuti dopo di noi nel retrobottega, con il corpo del saraceno) aveva combinato un guaio: il negozio era pieno di cadaveri e di poliziotti. Insomma, il nostro aveva avuto da ridire con gli avventori e con il proprietario, e non aveva trovato idea migliore di massacrarli: è quasi meglio quando si diletta con le dame!
Se ne accorse il buon Curte, che riuscì ad argomentare qualcosa grazie alla sua divisa da poliziotto stradale, riducendo la sua imbarazzante presenza nel negozio ad un conflitto di attribuzione del caso, e più che altro contando sulla confusione mentale.
Per fortuna avevamo acquistato anche delle radioline, sicché potè avvertirci e il pallido ma non stolto (e dotato di chiare conoscenze arcane) gestore del negozio antivampiri con un sortilegio lanciato con aria stanca sulla porta, fece sì che essa uscisse sull'altro lato della strada.
Ostentando il massimo dell'indifferenza, recuperammo le moto, mentre il Curte continuava la sua opera di confusione, Rocco riusciva ad impossessarsi del corpo di un incauto agente che voleva requisire il suo manganello e subito dopo a farsi quasi radiare dal corpo di polizia. Nella confusione, riuscimmo anche a seminare Rocco, rimasto a piedi mentre noi ci avviavamo, sui nostri destrieri meccanici, alla grande discoteca di proprietà di Top Dollar.

martedì 11 giugno 2013

Nei bassifondi



I cinque lingotti d'oro richiesti ci furono recapitati con notevole rapidità, e sei sparirono rapidamente nella borsa del signor Wolf. Nell'attesa, comunque, alcuni di noi decisero di non dissipar tempo, benché nei fatti le loro occupazioni si siano protratte ben più del tempo necessario a ricevere il materiale.
Ozzy decise di aver bisogno di abiti nuovi, perché le sue discinte vesti lo imbarazzavano o, più probabilmente, era irritato dalla circostanza per cui, pur avendo più volte provato a servirsi a scopi utilitaristici delle proprie grazie offrendole a chicchessia, erano state sempre rifiutate: meglio celarle, dunque. Il Curte lo accompagnò, ed uscirono dal mio orizzonte. Nel frattempo, Rocco si dedicò a insidiare la poco custodita virtù di una procace signorina, la cui coda di demone rendeva lecito dubitare la sua appartenenza al genere umano, ed io ed Alessandro ordinammo un vino, che si rivelò invero eccellente.
Stavamo ancora sorseggiandolo, in compagnia del signor Wolf, oramai pagato, quando ritornarono Ozzy e il Curte, vestiti a nuovo. Vorrei nascondere questa onta della compagnia con la quale mi accompagno, ma mi sono ripromesso di essere fedele nel racconto, sicché non posso tacere che Ozzy mosse gran villania ad una fanciulla (o almeno così mi fu raccontanto), inducendola financo al pianto, quando mozzò con un morso l'esile capo del suo minuscolo cane da compagnia, invero appartenente ad una razza curiosa quanto inutile, nota come chiwawa.
Del resto, la punizione incombeva su di lei: con i suoi abiti nuovi e costosissimi, tra l'altro filati da un sarto italiano (Armani), dovette subito seguirci giù per le fogne di Los Angeles, i cui cunicoli percorremmo per un paio d'ore prima di trovarci di fronte ad una enorme porta circolare, alla quale il Sig. Wolf bussò con un complicatissimo codice di circa un minuto, al seguito del quale la porta si aprì rivelando una meravigliosa, enorme biblioteca. Vi si trovavano anche il Furioso nella copia da me manoscritta (che emozione tenerla fra le mani dopo secoli!) e una copia del Sine Requie, che il bibliotecaio fece autografare dal Cutre.
Messo a tacere Rocco assegnandogli una copia del Kamasutra, il bibliotecario, su richiesta di Wolf, ci spiegò la difficile questione nella quale ci eravamo cimentati: l'ingresso alla fortezza della Yakuzia (dentro la quale avremmo dovuto cercare l'alleanza della figlia del boss e recuperare un libro di magia rubato alla meravigliosa biblioteca nella quale ci trovavamo) era tutt'altro che agevole, e anche il passaggio segreto che ci avrebbe indicato era vigilato, nel luogo chiave di un ponte, da un demone, il quale ci avrebbe lasciato passare solo se fossimo stati in possesso di un monile, ora nelle mani di un certo Top Dollar.
Ossia, il vampiro più potente di Los Angeles.

venerdì 31 maggio 2013

Arrivano i gendarmi con i cavalli d'acciaio



Avremmo dovuto recuperare la carrozza meccanica, ma l'avervi dimenticato sopra un paio di cadaveri aveva attratto l'attenzione dei gendarmi, sicché decidemmo di farci accompagnare da uno sgherro del nostro ospite, su una carrozza meccanica.
A dire il vero, ci aspettavano un paio di deviazioni. La prima fu una tappa in un'osteria frequentata da tizi poco raccomandabili ma molto robusti: scatenare una rissa non fu arduo (Ozzy ha un vero talento nel genere), ed in questo modo anche Alessandro Magno potè procurarsi un corpo meno ignobile di quello che gli era stato fornito all'inizio. Ci impossessammo anche dei destrieri meccanici di alcuni dei tizi, purtroppo deceduti nello scontro, e ci avviammo verso la nostra seconda tappa: il famoso locale i 12 apostoli noto perché era un luogo franco nel quale Diavoli e Demoni potevano rilassarsi e sbevazzare senza timore d'essere aggrediti dalla parte avversa. Purtroppo furono dei gendarmi a cavallo di destrieri meccanici, che ci impedirono di giungervi rapidamente. Alessandro non voleva indossare l’elmo, aveva una mania per i capelli, così il Curte decise di cambiare nuovamente corpo e facendosi chiamare Ponch, infine giungemmo all’agognato locale. Qui, dopo che il Curte autografò una sua opera, ad un essere degli inferi chiamato Skinner (ed anche annunciato le prossime mirabolanti uscite della sua collana di opere), incontrammo il signor Wolf, noto perché risolve problemi, ed in grado di risolvere anche il nostro, fornendoci un invito per entrare nel palazzo della triade, così difeso da essere altrimenti inaccessibile. Certo, volle cinque lingotti d'oro, ma il nostro munifico ospite ce li inviò.
Anzi, per essere precisi ce ne inviò sei: il vero signore non lesina sugli averi, ed il Curte, consapevole di ciò, ritenne che dichiarare una piccola menzogna fosse piccola colpa a fronte dell'uso che avrebbe potuto in seguito giovare alla nostra missione, ed in definitiva al mondo intero.

martedì 28 maggio 2013

Il nemico di un mio nemico è un mio amico



Rintracciai i miei compagni quando stavano per entrare nella magione. Qui una dama ci condusse in una vasta sala da pranzo, nella quale, inaspettatamente, fummo accolti con cortesia dal maestro Hanzo, benché ci facesse notare l'ineducazione di aver massacrato parte della sua servitù. Egli era seduto a tavola insieme a Nancy Callagan, che appariva molto inquieta, e a un corpo posseduto da uno spirito, che presto si rivelò essere quello di Alessandro Magno! Oh, quale illustre compagnia! Certo, dovemmo spiegargli che non eravamo i suoi macedoni da trattare alla stregua di servi, ma da persona geniale quale è sempre stato si adattò presto alla situazione, cimentandosi – sì come era uso nei banchetti alla corte di Pella – in una gara di bevute con Ozzy. L'amore per il vino, come riferiscono gli antichi storici, è sempre stato un suo limite che a volte provocò attacchi di pazzia: dovremo prestare attenzione

Intanto, il nostro Trimalcione ci imbandì un eccellente banchetto e ci fornì alcune spiegazioni sui fatti recenti, che tranquillizzarono anche Nancy (la quale era stata poc'anzi rapita da Alessandro Magno): egli, un mezzosangue dai poteri soprannaturali, era stretto amico di Artigan e con lui e Constantine (un angelo) si adoperava per fomentare, fornendo armi ad entrambe le controparti, la millenaria guerra fra Demoni e Diavoli. Infatti, ci spiegò, queste due crudeli schiere sono in continuo conflitto, ed è una fortuna: in sprezzo ad ogni dettame religioso, Egli e le sue Schiere angeliche non potrebbero fronteggiarli se si unissero, e si troverebbero anche in gravissime difficoltà e a rischio di sconfitta contro una delle due fazioni, se questa non fosse impegnata nella guerra. Era dunque cruciale continuare ad alimentare lo scontro per evitare di veder la Terra trasformata in un luogo desolato.
Per alto senso dell'onore e del dovere oppure per noia (a seconda dei soggetti) accettammo di fornire il nostro contributo. Il nostro prossimo passo sarebbe stato di recarci da Lo Pen, capo della triade cinese di Los Angeles e rappresentante dei Demoni.

domenica 26 maggio 2013

A casa Hanzo



Sulla base delle carte trovate negl'uffizi di donna O’Ren, decidemmo di dirigerci verso la magione di colui che più volte era nominato, un tale Hattori Hanzo…....
Vi giungemmo con la nostra carrozza meccanica, e ivi giunti quasi ci meravigliammo di non trovarvi cadaveri o sangue, ma una normale porta chiusa. Ozzy pose subito rimedio alla mancanza, assestando una vigorosa percossa col suo liuto elettronico sul capo del gendarme privato che, sulla soglia della villa, ci interrogava sui motivi della nostra venuta.
A dire il vero, prima di vibrare il colpo funesto Ozzy si era già attirato l'attenzione dei passanti sperimentando come l'urinare in piedi sia difficoltoso per chi non disponga (dato il corpo femmineo di cui si era impadronito) di un confacente apparato, e forse proprio le conseguenze sugli abiti di tale tentativo avevano rese vane i tentativi di adescamento del gendarme privato immediatamente precedenti alla sua aggressione. Il Curte, intanto, ascoltava la sospensione dall'incarico da pubblico ufficiale rivolta al suo corpo per diserzione.
In un modo o nell'altro, comunque, entrammo nella magione, che era principesca per dimensioni e lusso, ed attorniata da un vasto giardino alla moda del Cipango. La verzura era così spessa che fra le sue frasche si nascondevano agevolmente i sei guerrieri, armati di spade e fasciati di nero insino agli occhi, che ci aggredirono d'improvviso. Il numero dei cadaveri nel giardino salì repentinamente a sette.

Credo che ad un certo punto i miei compagni siano rimasti disorientati dalla mia sparizione. Fui infatti attratto dalla mia sensibilità in un locus amoenus riparato nel giardino, dove mi accolse un arzillo vecchietto, dai tipici tratti somatici del Cipango, che era intento a dar la cera e togliere la cera da un tavolo. Mi invitò a prendere un té con lui, si presentò come Miaghi e affermò che, malato, sarebbe stato onorato di offrire il suo corpo ad un nobile spirito e ad una giusta causa. Sapeva di noi. Accettai l'offerta, e subito mi trovai tonificato: quanta forza, quanto animo in quelle ossa! Quanto maggiori di quanto ne avevo trovato nel mio primo albergo di questa era!