mercoledì 15 maggio 2013

In azione!!!


Decidemmo di recarci direttamente dal leguleio. Sotto il palazzo dove risiedeva l'affascinante donzella ci aspettava una carrozza, ma i cavalli non erano ancora attaccati. Mi sedetti tranquillo, quando la carrozza partì, così, come per magia, mentre il Curte la dominava girando uno strano volante. Discusse anche a lungo con Ozzy su quale musica ascoltare, il che mi parve strano dato che non vedevo orchestre, e alla fine si accordarono per una del tutto priva di armonia. La società sta degenerando: sarei curioso di leggere i libri che ora si scrivono.
Intanto, grazie alle conoscenze del corpo di cui mi ero impossessato, cominciavo a capire che non era magia: ci trovavamo, invece, su una automobile con autoradio, oggetti assai comuni nel 1986, e infatti ce n'erano molti altri.
Quando fummo di fronte al palazzo di Lomax, un gendarme che montava un'automobile a due ruote ci fece fermare, forse attratto da Ozzy disteso sulla parte posteriore della nostra carrozza. In quel momento, scorgemmo Lomax che si allontanava: non c'era tempo da perdere, ed il Curte riuscì a far afferrare la parrucca al gendarme, prendendo così possesso del suo corpo. Ci gettammo all'inseguimento della lussuosa carrozza del leguleio ed il Cutre la fermò millantando l'autorità che gli conferiva il corpo del gendarme. Lo scellerato provò a corromperlo, e quando il Cutre indignato gli intimò di scendere, scesero invece due energumeni alti sei piedi in atteggiamento minaccioso. Ozzy e il Cutre non esitarono ad affrontarli, ed io non sarei stato da meno se non fosse fellonia attaccare in due un solo inimico. Così, scivolai nella carrozza al fianco del leguleio e, con l'aiuto della mia terrificante presenza, lo indussi a rivelare che aveva agito, nella compravendita dell'azienda, ai limiti della legalità per conto di una certa O Ren Ishii, una ricca imprenditrice originaria del Catai residente nella città in cui ci trovavamo allora (Los Angeles, nelle Indie Occidentali).
Ci avviammo verso la sua magione proprio mentre sopraggiungevano i gendarmi.

di Ludovico Jacopo Ariosto


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